Le vere mappe delle Elezioni Italiane

Siamo davvero un paese diviso?

Giuseppe Sollazzo
5 min readMar 8, 2018

A scrutini conclusi, l’Italia è un paese politicamente diviso su tre fronti: un centro-sinistra indebolito rispetto ai numeri pre-elettorali, un centro-destra in cui Forza Italia — il raggruppamento politico che esprimeva il leader è stato superato dalla Lega Nord, e il Movimento 5 Stelle. Non è un mistero che la questa situazione a 3 sia diffusa, dato che abbiamo tutti amici che si trovano su diversi fronti.

La premessa: un paese diviso in 3

Ma mi ha molto colpito la pubblicazione sulla stampa di mappe di questo genere:

Questa mappa ci racconta una storia: l’Italia è un paese diviso in tre, con il Nord tendente a destra, il Sud conquistato dal Movimento 5 Stelle, e il centro-sinistra ormai in ritirata anche nei suoi seggi sicuri tra Emilia e Toscana. Sapete, non ci sono mappe vere o false: tutte le mappe raccontano una storia. Ma caratterizzare questa mappa come l’evidenza di un paese diviso mi sembrava un’esagerazione.

Qual è il problema, mi chiederete? Il problema è evidentemente quello di inferire che siamo un paese polarizzato su base regionale. Sicuramente ci sono vincitori e vinti, aggregati in cluster regionali, ma avevo l’impressione che la realtà fosse molto più sfumata di così. Mi sono chiesto come verificare il livello di dispersione del voto.

Una mappa a pois

Quindi, ho disegnato una mappa a punti del voto, in due versioni. Una in cui ogni punto rappresenta 1000 voti su 4 coalizioni; poi, quella secondo me più chiara, una mappa in cui 10000 voti sono mappati su un singolo punto, eliminando però Liberi e Uguali. Questi i due risultati, che hanno generato un discreto dibattito sia su Twitter che su Facebook:

A sinistra: 1 punto per 1,000 voti (Rosso=CSX, Blu=CDX, Viola=LEU, Arancione=M5S); a destra: 1 punto per 10,000 voti (Rosso=CSX, Azzurro=CDX, Giallo=M5S)

Perché una mappa a punti? Le mappe basate su punti hanno alcune caratteristiche utili: preservano la distribuzione geografica, mentre presentano la reciproca forza di un insieme di variabili. Mappe di questo genere funzionano molto bene quando ci sono due variabili e un po’ meno su tre. Ma pensate all’elezione presidenziale negli Stati Uniti: quando coloriamo uno stato blu o rosso a seconda del vincitore, sappiamo chi ha vinto (per via di un sistema principalmente maggioritario); ma se siamo interessati a sapere quale sia il livello di compattezza degli elettori, allora quella mappa così binaria non va più bene. Maarten Lambrechts lo spiega molto bene in un suo blog post:

John’s second argument pro dot density maps is that they can provoke emotional resonance really easily. When looking at a map where one dot represents one person (or one new born baby, one lion, one …), the mental distance to empathize with what is depicted on the map is much smaller then when you are looking at an administrative area shaded with a color representing 1.276 inhabitants per square kilometer, for example. 1.276 people in 1 square kilometer is very abstract, while one person, one baby or one lion is not: you can immediately picture them mentally.

Questa mappa di xkcd è secondo me l’illustrazione perfetta di questo concetto.

Perché non siam popolo, perché siam divisi?

Perdonatemi la tronfia citazione mameliana. L’idea che mi sono fatto dalle due mappe è che sì, siamo divisi — ma mi sembra evidente che il livello di divisione geografica Nord/Sud/regioni rosse cessi di essere così evidente quando smettiamo di guardare al vincitore di ogni collegio. La variabile geografica non è necessariamente quella con a più alta correlazione con il risultato elettorale. In altre parole: siamo divisi in 3, ma la divisione non è più così netta a livello regionale.

Questo non vuol dire che una divisione geografica sia totalmente assente. Ma, a costo di suonare ovvio: prima di tutto, la geografia è molto probabilmente, nel caso Italiano, un proxy per altri parametri (occupazione, PIL locale, benessere generale); e secondo, anche considerando la possibilità che sia un proxy, non è così forte come proxy.

Al massimo, piuttosto che divisi mi sembra che siamo confusi.

Ma…

Mi fa piacere che le mappe abbiano generato dibattito, perché il mio obiettivo è sempre quello di offrire spunti di riflessione, piuttosto che risposte. Ci sono alcune critiche legittime a cui vorrei offrire qualche commento:

Questa mappa mostra solo la tua visione del risultato

Every map has an agenda. Ma questo non la rende meno corretta. Come dicevo prima, ogni mappa è una proiezione della realtà. Quello che volevo discutere è come la mappa del Financial Times ci dà un’immagine perfetta dei risultati elettorali, ma non della dispersione elettorale.

Ho un secondo fine? Si, e lo dichiaro: incoraggiare un confronto politico più civile senza pensare che “vivo in [inserire regione], sono circondato da sostenitori di [inserire partito]”. La campagna elettorale è stata francamente mostruosa. Per quanto io abbia le mie idee, per altro ben collocate sullo spettro politico, l’idea di “essere circondati” è negativa per uno sviluppo di una retorica politica sana nel paese.

Dobbiamo tornare a parlarci, e la mia mappa intende mostrare che c’è gente attorno con cui formare alleanze, e altra gente con cui discutere.

Questa mappa mostra solo la densità urbana

Le dot maps ovviamente mostrano anche l’importanza relativa delle aree più popolose, ma questo è un loro punto di forza. Rimando al blog di Maarten Lambrechts che ho linkato all’inizio del posto per una spiegazione molto migliore di quella che potrei offrire io.

I colori/le dimensioni dei punti ingannano

Non sono un esteta, e qualunque feedback su quali colori o quali dimensioni funzionano meglio sono ben accette. Ma fondamentalmente, ho provato con varie dimensioni e una convinzione persiste: che la divisione a 3 su base geografica sia tutto sommato debole.

Questa mappa non è di interesse giornalistico

Meno male! ;-) Scherzi a parte, il mio interesse non è semplificare né fare rumore, soprattutto su un tema delicato come le divisioni. Il mio obiettivo è far riflettere, usando una mappa come strumento. Spero di esserci riuscito. Vorrei, comunque, che anche il giornalismo evitasse a volte di semplificare troppo. La storia di queste elezioni potrebbe essere scritta in termini diversi, senza per questo renderla meno vera. Semplificare il linguaggio con cui si descrive la realtà per renderla accessibile a tutti è uno scopo nobile del giornalismo; semplificare la realtà stessa non lo è, ed è spesso sintomo di pigrizia intellettuale. Continuiamo a farci domande, invitiamo i lettori a dare risposte, non fomentiamo divisioni inutili.

In conclusione

Sono molto contento della risposta che le mie mappe hanno ricevuto, non solo dagli entusiasti che le hanno diffuse, ma anche da quelli che si sono presi la briga di commentare e criticare (con gentilezza). Altri commenti sono ben accetti, ma meglio ancora: qui trovate il mio codice e progetto QGIS per le vostre analisi. I dati vengono dall’eccellente lavoro di On Data, mentre gli shapefiles sono diffusi dall’ISTAT da questa pagina.

Un enorme ringraziamento va a Maurizio Napolitano per le discussioni su GIS e dati italiani e a Tom Armitage per il suo tutorial.

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